Le cose che contano

Tutte le volte che sono stata indecisa sulla direzione da far prendere alla mia vita, ho immaginato tanti scenari e mi sono posta diverse domande circa il futuro. Alla fine, quella che ritengo più utile è: “Quali sono le cose che contano davvero?”.

Credo che, di tanto in tanto, dovremmo farcela tutti per non ritrovarci a condurre un’esistenza condizionata e poco autentica.

Mi guardo attorno e purtroppo mi accorgo sempre più spesso di come il mondo occidentale, la caccia al successo e l’esaltazione dell’apparenza ci condizionino.
Fin da piccoli siamo programmati per consumare, e cresciamo consumati dalla paura di vivere. Sì, perché dal mio punto di vista trovare un “buon” lavoro, acquistare vestiti alla moda piuttosto che oggetti tecnologici, sposarsi in chiesa, comprare una casa per poi mettere su famiglia e andare in vacanza in crociera, possono essere risposte adatte per alcuni, ma del tutto sbagliate per altri.

È da chiarire, però, che la differenza non sta in ciò che si fa, ma nel modo e nella consapevolezza con cui si fa.

C’è chi ad esempio vorrebbe osare altre strade e toccare la vita senza i veli del precostituito, ma viene continuamente messo in guardia se non ostacolato da quelli che seguono ciecamente la corrente, senza chiedersi il perché.

Quindi, per voi, quali sono le cose che contano davvero?

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Un mio vecchio professore diceva che la risposta a questa domanda probabilmente si celava nelle tre “esse”: sesso, soldi e salute. Non mi è mai stato troppo simpatico a dire il vero, però ci dava un sacco di spunti interessanti per riflettere. Ad esempio diceva che per capire se quella che si ha davanti è la donna giusta bisogna vedere come ride, come mangia e come gioca. Ad ogni modo, oggi è sufficiente accendere la tv e capitare su una pubblicità a caso per vedere come le tre esse siano mostrate in maniera più o meno velata per generare desiderio e programmare le menti.

È naturale aver bisogno di denaro per vivere, o almeno per sopravvivere, penserete, così come la salute è un tassello fondamentale. E lo è anche poter esprimere se stessi attraverso una sana sessualità.

Certo, e sono d’accordo. Ma avverto l’urgenza di rispondere alla domanda in modo autonomo, senza prendere in considerazione ciò che mi è stato detto o ciò che sono stata portata a credere.

Quindi, ancora, quali sono le cose che contano per me?

In passato mi è capitato di compilare una lista dei valori che consideravo essenziali, ma allora non dovevo ancora pagare le bollette e quindi andai giù di ideale in ideale. Ora è diverso. Eppure gioia, amore, gratitudine, bellezza e libertà, restano. Solo cercano una strada diversa, un modo efficace per farsi spazio.

È giusto vivere per lavorare o sarebbe meglio lavorare per vivere?

Sono stata cresciuta da due genitori fantastici che solo qualche giorno fa mi hanno dato grande prova del loro amore, oltre i pensieri ridondanti e il condizionamento sociale. E non me l’aspettavo. Ho imparato che amare è lasciare andare l’altra persona, e loro mi hanno lasciata andare, pur non condividendo del tutto la mia scelta di andare a convivere. Allora, perché non mi aspettavo questa apertura da parte loro?

Da quando sono piccola hanno sempre lavorato, non si sono mai fermati un attimo. E i miei occhi, di bambina prima e adolescente poi, hanno sempre un po’ risentito di questa distanza, così come del fatto che spesso li vedessi pensierosi o con musi lunghi per problemi esterni. Credo sia capitato a tutti. Ma in pochi sanno che, come spiegano le costellazioni sistemiche, il bambino, nella sua ingenuità, cerca di sostituirsi al genitore e si fa carico del suo dolore. È la sua pura empatia che lo porta a farlo.

In sostanza, i miei hanno vissuto per lavorare. Sebbene facessero anche altre cose, il perno che li faceva ruotare attorno alla vita, ai miei occhi, è sempre stato quello.

La paura di non farcela ha preso il sopravvento sui sogni; le necessità quotidiane sulla voglia di osare. E credo sia qualcosa che capiti a molti. Per questo, ogni giorno, dovremmo domandarci per cosa stiamo vivendo.

Così, da qualche tempo sono arrivata alla conclusione che è il sogno che ci tiene in vita, è il sogno che ci salva.

Alla domanda “Quali sono le cose che contano davvero?” ora risponderei che sono importanti la consapevolezza di sé e del modo in cui si vive, la crescita interiore che si riflette poi all’esterno e il fatto di avere accanto le persone giuste. Eppure nessuno di questi tre fattori avrebbe senso senza il proprio sogno. E ciò che rende un sogno nostro è il fatto di essere allineato a ciò che siamo.

Per qualche tempo ho creduto di voler diventare medico, ma non era vero. E l’ho compreso perché non ero felice mentre percorrevo quella strada.

Non a caso Don Juan aveva detto a Castaneda: “Tutte le strade sono uguali; non portano da alcuna parte. Sono strade che passano attraverso la boscaglia o che vanno nella boscaglia. Nella mia vita posso dire di aver percorso strade lunghe, molto lunghe, ma io non sono da nessuna parte. La domanda del mio benefattore ha adesso un significato. «Questa strada ha un cuore?». Se lo ha la strada è buona. Se non lo ha non serve a niente. Entrambe le strade non portano da alcuna parte, ma una ha un cuore e l’altra no. Una porta un viaggio lieto; finché la segui sei una sola cosa con essa. L’altra ti farà maledire la tua vita. Una ti rende forte; l’altra ti indebolisce.”

E quale strada ha un cuore se non quella che riflette nel mondo esterno i nostri talenti dell’anima!? Il sogno della propria vita è quindi quello che ci permette di manifestare fuori l’amore e la grazia che abbiamo dentro. Nient’altro dovrebbe importarci che questo.

Soldi, viaggi, relazioni, spese e guadagni, vecchi rancori, nuovi progetti… niente ha davvero senso se non si sta percorrendo la strada verso il proprio Sogno, verso la realizzazione di quella che Coelho definisce la propria Leggenda Personale.

È facile, nel mondo, vivere seguendo l’opinione del mondo; ed è facile, nella solitudine, vivere seguendo la propria; ma l’uomo veramente grande è quello che in mezzo alla gente mantiene con assoluta serenità l’indipendenza della solitudine, scriveva il filosofo Ralph Waldo Emerson.

Per comprendere se si è sul sentiero giusto occorre quindi scendere in campo, andare nel mondo; qualcosa che nella biotransenergetica riguarda l’archetipo del caboclo, il guerriero integrato.

E, una volta lì, bisognerà chiedersi: sono felice?

Ma attenzione, perché la felicità è sottile, interna, e non fa mai troppo rumore.

Vanna Ivone

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