Affidarsi all’intuizione

Un mese prima degli esami di stato gironzolavo nella Feltrinelli di Bari con mia cugina. Era il 2010 e, sebbene amassi Shakespeare, Bambarén, Pirandello e Fromm, non avevo ancora letto nulla riguardo spirito, anima e personalità – eppure certe verità sono comunque annidate in noi e leggere spesso non è conoscere, ma ritrovarsi.
Ero piuttosto introversa e appesantita emotivamente, ma stavo lì a piano terra e dissi a mia cugina:
“Voglio comprare un libro per lo scritto di Italiano, giusto per leggere qualcosa”.

Davanti a me diversi autori, tra cui Z. Bauman. La mia mano fu attratta da ‘L’arte della vita’; lo sfogliai e decisi di comprarlo, così senza pensarci troppo, con leggerezza.

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Leggerlo fu la cosa più bella di quegli ultimi mesi d’istituto tecnico; parlava della felicità, di come sia costrittiva la società dei consumatori liquido-moderna e di come il benessere non sia affatto associato al PIL di una nazione. ‘Dobbiamo tentare l’impossibile,’ ripeteva spesso Bauman.

Il giorno dello scritto ricordo ancora la gioia provata nell’aprire il foglio delle tracce e trovarne una sulla ricerca della felicità. Tra i documenti, un estratto del saggio di Bauman e la Dichiarazione d’indipendenza dei Tredici Stati Uniti d’America.
Fortuna? Non ho mai pensato in questi termini e mai lo farò, nonostante attorno abbia molte persone che si sono arrese a questo pensiero di subire, in qualche modo, la vita. Fortuna, sfortuna, caso… Ma quando senti il cuore battere, lo spirito allinearsi, la mano impugnare la penna e scrivere di getto, ispirata, non puoi pensare così. Quando un’emozione si scioglie e diviene consapevolezza, quando senti il cuore aprirsi e vibrare per uno sguardo, quando i secondi s’incastrano nei giorni, nei mesi, e ti conducono proprio lì, all’appuntamento con quella persona che non avresti mai incontrato altrimenti, e che è un pezzo del puzzle, un pezzo unico e perfetto come una chiave di volta, non puoi pensare così.
Siamo guidati e siamo protetti. Da chi? Da noi stessi su un altro piano, da una parte di noi che veglia dall’alto. E l’intuizione è il richiamo, ma è così sottile che spesso la mente la ostacola; la sofferenza si aggancia ai pensieri e disturba il segnale. Poi i pensieri richiamano quell’emozione e il segnale lo perdi, in un ciclo perenne. Intanto media, genitori, insegnanti e società ti dicono chi diventare. E tu gli dai retta perché i soldi…, perché il senso di colpa…, perché l’opinione pubblica… Intanto quella voce cerca di farsi sentire, e a tratti ci riesce: tutti viviamo delle piccole-grandi sincronicità, solo che poi lo dimentichiamo.
Quel filo sottile, l’intuizione, è ciò che ci salva. E’ quella che ci porta dove vogliamo andare. E se c’è una cosa che mi dispiace, ad oggi, è di non averla seguita abbastanza; perché è vero: sappiamo già da piccoli chi siamo e ciò che vogliamo manifestare nel mondo.
Allo scritto presi il massimo e la professoressa, che era un membro esterno della commissione e non mi conosceva, fece leggere il mio tema a tutti i suoi colleghi, entusiasta.
Ora, tutte le cose della nostra vita potrebbero andare così; potrebbero scorrere, semplicemente: intuizione, mente che la segue e, al momento opportuno, azione tangibile.
E’ la mente quella da placare, da fare stare ferma, da addomesticare…Vanna Ivone

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